Messo in ghingheri e tutto vanitoso, Otto Divieti tirò giù un bell'inchino al vecchio Gao e gli disse: "Vogliate comunicare da parte mia alla suocera, alla prozia, alla seconda zia, allo zio acquisito, allo zio materno e a tutti gli altri parenti che io me ne vado a fare il monaco. Non se la prendano se non li saluto di persona. Caro suocero, la mia ex moglie trattatemela bene perché, in caso di imprevisti che mi riportino al laicato, conto senz'altro di ritornare vostro genero."
"Bestione!" gli gridò Scimmiotto. "Hai finito di parlare a vanvera?"
"Scusa tanto, ma sto solo usando il buon senso. Se qualcosa andasse storto, perché dovrei perdere tutto: sia la carriera di monaco, sia la moglie?"
"Piantala, che dobbiamo partire!"
Fecero i bagagli, e Otto Divieti se li caricò sulle spalle. Si sellò il cavallo bianco, e Tripitaka lo montò. Scimmiotto apriva allegramente la marcia con la sua sbarra di ferro appoggiata alla spalla. Congedatisi dal vecchio Gao e dai suoi, ripresero la strada verso l'Occidente. Lo testimoniano i versi:
Il monaco buddista con gran pena
Percorre boschi e valli sotto il vento.
Calma la fame mendicando il riso,
Trema nel suo vestito rappezzato.
Egli non cessa mai di stimolare
Il suo cavallo della volontà,
E non lascia la scimmia dello spirito
Correre e sgambettar come vorrebbe.
Natura e sentimento amalgamati:
Luna piena dorata divien calva(18).
Il viaggio proseguì per un mese senza incidenti. Avevano superato il confine del Tibet orientale, quando si trovarono di fronte a un'alta montagna. Tripitaka lasciò il frustino e trattenne il cavallo: "Consapevole del Vuoto, Consapevole delle Proprie Capacità, state attenti: quella è un'alta montagna!"
|