Ma quando Porcellino girò la testa verso di loro, e per soprammercato scosse le orecchie ed emise un grugnito, li terrorizzò al punto che non si tenevano ritti in piedi.
Tripitaka, preoccupatissimo, non faceva che ripetere: "Non vi spaventate! Rassicuratevi! Non siamo per niente pericolosi, siamo dei monaci per bene."
Il vegliardo si avanzò a sostenere la vecchia e le disse: "Tirati su, mamma, non ti ridurre in questo stato. Questo maestro viene della corte dei Tang; solo che i suoi discepoli non sono molto belli: meschino aspetto, ma fermo cuore. Portate in casa i bambini."
La donna entrò appoggiandosi a lui, mentre i giovanotti conducevano in casa i bambini.
Sedutosi sul letto di canna d'India, Tripitaka rimbrottò i suoi discepoli: "Mi mettete in difficoltà, siete troppo brutti e troppo volgari nel parlare; per colpa vostra tutta la famiglia si è spaventata."
"Maestro, non si può negare" assicurò Porcellino "che da quando sono con voi mi comporto in un modo molto più elegante del solito. Quando ero con i Gao, mi bastava alzare il naso e muovere le orecchie per far morire di spavento venti o trenta persone alla volta."
"Ne hai dette abbastanza, scemo" disse Scimmiotto ridendo. "Farai meglio a darti una sistemata."
"Questa è bella" replicò Tripitaka. "È nato così, come si dovrebbe sistemare?"
"Per esempio potrebbe ficcare il suo grugno di porcello sotto un lembo del vestito e non farlo più vedere. Quanto a quelle orecchie grandi come ventagli di giunco, se le potrebbe tenere incollate alla testa ed evitare di muoverle. Non sarebbe darsi una sistemata?"
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