Il bravo Scimmiotto lasciò passare la testa del vento, lo acchiappò per la coda e lo annusò: esalava un sospetto di odore fetido. Dichiarò: "È proprio un vento malvagio. Ti lascia nel naso un puzzo di tigre o di qualche altra creatura malefica. Di sicuro c'è qualcosa di losco."
Stava ancora parlando, che una feroce tigre scese il pendio della montagna sulle sue zampe potenti, spazzando l'aria con la coda. Per lo spavento, Tripitaka perse l'equilibrio e ruzzolò giù dal cavallo, finendo lungo disteso sul bordo della strada, più morto che vivo. Porcellino abbandonò i bagagli, afferrò il suo rastrello, balzò avanti anticipando Scimmiotto e gridò: "Dove credi di andare, brutta bestia?"
E calò l'arma mirando alla testa. La tigre si alzò sulle zampe posteriori e, con un colpo degli artigli della zampa sinistra, si aprì il petto. Strappò la pelle dall'alto in basso, con uno stridore agghiacciante, se ne sbarazzò e restò ritta sul ciglio della strada. Figuratevi che spettacolo disgustoso! Ecco qua:
Il corpo scorticato e sanguinante,
Le tozze gambe storte ripugnanti,
Conserva in testa il pelo scarmigliato
Con sopracciglia rade e setolose,
Zanne affilate d'un bianco accecante:
L'insolente ruggito fa sentire.
"Andiamoci piano!" urlava. "Sono io, sono l'avanguardia delle forze del grande re Vento Giallo. Sto pattugliando la montagna per ordine espresso di sua maestà, con la missione di riportargli qualche tipetto da sgranocchiare, come stuzzichino per accompagnare il vino. Voi monaci, come vi permettete di attaccarmi?"
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