"Io non riesco nemmeno a vedere l'altra riva. A che distanza è?"
"Non mi stupisce; bisogna attraversare ottocento li buoni."
"E come lo sai, fratellone?" si stupì Porcellino.
"Devi sapere, mio saggio condiscepolo, che il vecchio Scimmiotto ha un paio d'occhi che gli permettono di vedere distintamente fortuna e disgrazia a una distanza di mille li, alla luce del giorno. Dall'alto non ho potuto vedere dove sfoci questo fiume, ma ho constatato che la larghezza è appunto di ottocento li."
Tripitaka, molto contrariato, sospirava e gemeva di disperazione; mentre stava per volgere indietro il cavallo, scorse sulla riva una stele. Si avvicinarono tutti e tre, e videro che la pietra recava nella parte superiore questa iscrizione in tre caratteri sigillari:
FIUME DELLE SABBIE MOBILI
Al centro si allineavano quattro colonne di piccoli caratteri in stile regolare normale:
PER OTTOCENTO LI LE SABBIE MOBILI.
PROFONDITÀ: TRE MIGLIA DI ACQUE MORTE.
LA PIUMA D'OCA NON PUÒ GALLEGGIARE,
FIORE DI GIUNCO COLEREBBE A PICCO.
Mentre maestro e discepoli leggevano la stele, le acque si sollevarono in onde altissime e ricaddero fragorosamente. Sorse dal loro seno il più orribile dei mostri:
Sulla testa un groviglio di capelli
Rosso fiamma. Pupille come lampade.
Fra blu e nera la faccia, color indaco.
Voce di tuono, da drago notturno.
Si copre il corpo di una cappa gialla
Che cintura di giunchi serra in vita.
Nove teschi gli pendono dal collo.
Reca in mano una mazza minacciosa.
Il mostro montò sulla riva come un uragano e si scagliò contro il monaco cinese. Scimmiotto, preso alla sprovvista, afferrò il maestro e volse la schiena, correndo verso le alture circostanti. Porcellino lasciò cadere i bagagli, impugnò il suo rastrello e calò un fendente sull'essere malefico; questi parò con la mazza, e i due si impegnarono a mostrare il loro valore in riva al Fiume delle Sabbie Mobili. Che duello!
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