Globi d'oro ricoprono l'arancio.
Stormi di oche selvatiche punteggiano
In lunghe file lo spazio infinito.
Mentre camminavano, venne la sera.
"Discepoli miei" disse Tripitaka, "ecco che si fa tardi; dove troveremo un riparo per la notte?"
"Maestro" replicò Scimmiotto, "vi sbagliate. La gente come noi, che ha lasciato la sua famiglia, vive d'aria pura e di acqua fresca, dorme sotto la luna su un guanciale di brina: dappertutto è a casa sua. A che ci serve un riparo per la notte?"
"Fratellone" protestò Porcellino, "devi pur rendertene conto: tu te ne vai in giro come un ballerino, a mani vuote, e non badi ai poveri cristi che ti portano le valigie. Da quando abbiamo attraversato il Fiume delle Sabbie Mobili, so io quante salite abbiamo fatto, e per quanto mi riguarda, tutte con un bel carico sulle spalle. Dobbiamo pur trovare un posto per ristorarci e riprendere le energie: è la sola cosa sensata da fare."
"Via, bestione mio" replicò Scimmiotto, "non prendere quel tono di rimprovero. Non sei mica più con i Gao, dove prendevi quello che ti faceva comodo e davi se ne avevi voglia. Adesso sei nella comunità monastica, c'è una regola da rispettare; le pene e le privazioni da sopportare fanno l'orgoglio del bravo discepolo."
"Fratello, ma tu lo sai quanto pesa questa roba?"
"Fratellino, siete voi che la portate, io non la tocco più da un pezzo. Non me ne ricordo nemmeno."
"Ma tu fa un po' il conto:
Quattro stuoie di giunco ed otto corde
Più o meno lunghe, roba da proteggere
Dalla pioggia. Poi aggiungi le coperte
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