Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Impietrito al posto d'onore, il povero Tripitaka sembrava un epilettico paralizzato dal fulmine, con qualcosa del ranocchio infradiciato: stralunava gli occhi, sembrava sul punto di traboccare per terra. Porcellino, ad ascoltare quant'erano ricche e quant'erano belle, si sentiva venire tali pruriti che non riusciva a star fermo: si contorceva sulla sedia come se avesse le natiche punte da spilli. Alla fine non ne poté più, si avvicinò a Tripitaka, lo scosse ed esclamò: "La signora vi sta parlando, maestro: vi fa nientemeno che una dichiarazione! Perché non state attento? Alle domande bisogna rispondere!"
     Tripitaka alzò bruscamente il capo e gettò un grido roco, che fece dare un passo indietro a Porcellino: "Bestia maledetta! Noi siamo gente che ha abbandonato la sua famiglia: sarebbe insensato che ci facessimo attirare dalla ricchezza o commuovere dalla bellezza."

     "Poverini, poverini!" esclamò la vedova sorridendo. "Ma perché poi si dovrebbe rinunciare a qualsiasi famiglia?"
     "Cara signora, e che vantaggio ci può essere a restare in famiglia?" replicò Tripitaka.
     "Via, rilassatevi un po', reverendo, e io vi racconterò i vantaggi che ci sono a restare in famiglia. C'è una poesia che ne parla:

     Abiti nuovi in seta indossi a primavera;
     Con altri più leggeri contempli i loti in fiore;
     Quando viene l'autunno, bevi vino novello;
     L'inverno, in nido morbido, ti ubriachi a tuo piacere.
     Cogli di ogni stagione i diletti che porta,
     Le otto feste ti recano ciascuna le sue gioie.
     Una notte di nozze fra piumini di seta


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