"Non fare il provocatore! Bisogna pensarci su."
"Pensare cosa?" intervenne Scimmiotto. "Se acconsenti, il maestro e la dama faranno da genitori alla cerimonia. Con i soldi che ha la famiglia, la sposa ti porterà un corredo con i fiocchi, e ci sarà un bel banchetto di nozze, che farà comodo a tutti noi. Tu ritorni laico e tutti saremo contenti, noi e loro."
"Hai un bel dire" obiettò Porcellino. "Sarebbe un po' confuso: avrei abbandonato il secolo per ritornarci subito dopo, avrei ripudiato una moglie solo per impalmarne un'altra."
"Come, il nostro secondo fratello è stato sposato?" si meravigliò Sabbioso.
"Quante cose non sai!" disse Scimmiotto. "Era genero del capofamiglia dei Gao, nel villaggio del vecchio Gao, in Tibet. Per ordine della pusa e perché lo avevo catturato, non ha avuto altra scelta che di abbandonare la moglie, farsi bonzo e seguire il maestro nell'Ovest. Da allora, ho l'impressione che ci abbia ripensato spesso, alla sua mogliettina; solo a parlarne, gli deve venire l'acquolina in bocca. Dài bestione, ritorna al mestiere di genero! Chiedilo per favore, fammi un bel salamelecco, io passo la spugna e ti assolvo."
"Balle, balle!" brontolò Porcellino. "La voglia ce l'avete anche voi, ma tu cerchi di mettere in imbarazzo me solo. Lo dice anche il proverbio che il bonzo è un fantasma affamato, ha tutte le voglie del mondo. Vorrei vedere chi non le ha. Facciamo tante storie e recitiamo la commedia, con il bel risultato che perdiamo le occasioni. Questa sera, per esempio, non avremo una goccia d'acqua per il tè e nessuno ci accenderà il fuoco. E poi quel povero cavallo non può stare così; noi possiamo anche passare la notte al freddo, ma lui domani dovrà camminare tutto il giorno con un uomo in groppa. Se passa la notte a digiuno, si ridurrà pelle e ossa. Voi restate qui, che vado a far pascolare quel povero animale."
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