"E che cosa vuol dire?"
"Se lo tocca il metallo, il frutto cade; se lo tocca il legno, si dissecca; nell'acqua si dissolve; il fuoco lo calcina; la terra lo assorbe. Per questo motivo lo si bacchia con uno strumento di metallo; ma occorre poi raccoglierlo su un vassoio foderato di fazzoletti di seta. Se si usasse il legno, il frutto si disseccherebbe, diventerebbe immangiabile e comunque inefficace. Per consumarlo, semmai, si può scioglierlo in una tazza di porcellana riempita di acqua pura. Calcinato dal fuoco non servirebbe più a nulla. Quanto al contatto con il suolo, lo avete appena sperimentato: la terra lo ha subito assorbito, e non ne è rimasta traccia. E questa è una terra vecchia di quarantasettemila anni, una zappa di diamante non riuscirebbe nemmeno a graffiarla tanto è dura: tre o quattro volte di più del ferro forgiato. Perciò consumare quel frutto allunga tanto la vita. Se vostra santità non mi crede, provi a colpire il suolo."
Scimmiotto tirò fuori la sbarra cerchiata d'oro e la batté in terra con tutte le forze. La sbarra fece un gran rimbalzo, con un rumore di tuono, ma sul suolo non restò alcun segno.
"Guarda, guarda!" diceva Scimmiotto. "E pensare che la mia sbarra polverizza le rocce e lascia il segno anche sul ferro forgiato. Qui non è rimasto nemmeno un graffio. Devo ammettere che ti avevo accusato a torto; vai pure."
La divinità locale tornò subito a rimpiattarsi nel suo santuario.
Scimmiotto ci pensò su e trovò una soluzione: si arrampicò di nuovo sull'albero e, mentre con una mano impugnava il martelletto, con l'altra sollevava un lembo della sua lunga tunica di broccato, in modo da formare un sacco. Insinuandosi fra i rami e allontanando le foglie, riuscì a far cadere nel sacco tre frutti. Poi saltò giù e ritornò alla cucina, dove Porcellino gli chiese: "Ce l'hai fatta?"
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