"Che cosa sono, i frutti di ginseng?"
"Te ne abbiamo offerti poco fa; ti facevano impressione, sembravano neonati, no?"
"Emituofo! Quella cosa orribile, che mi ha fatto fremere appena l'ho vista, l'avrei rubata per mangiarla? Ma nemmeno nel più tremendo attacco di bulimia mi verrebbe in mente di fare una cosa simile. Non si deve accusare la gente a torto."
"Può darsi che non l'abbiate mangiata voi" concesse Vento Puro, "ma che lo abbiano fatto i vostri."
"Questo, non saprei, è possibile; ma vi prego, non gridate. Lasciate che li interroghi. Se fosse vero, li costringerò a rifondere il danno."
"Rifondere il danno!" esclamò Chiaro di Luna. "Non penserete che sia roba che si possa trovare in vendita!"
"Se il danno è irreparabile, varrà il detto giustizia e bontà valgono mille monete d'oro: gli dirò di chiedere scusa, e non ci sarà altro da fare. Del resto, non sappiamo ancora se sono stati loro."
"E chi sarebbe stato, se no? hanno anche bisticciato ad alta voce sulla divisione del bottino."
"Discepoli!" gridò Tripitaka. "Venite qui subito! Tutti!"
Udendo l'appello, Sabbioso fu preso dal panico: "Dio che disastro! Devono avere scoperto tutto. Il maestro ci vorrà interrogare, quei piccoli taoisti ci vorranno vituperare, che altro può essere?"
"Sì, è molto imbarazzante" confessò Scimmiotto. "È solo una storia di roba da mangiare, ma confessare vuol dire ammettere che siamo arrivati a rubare per pura ghiottoneria. Sarà meglio negare."
"Proprio così, hai ragione. Teniamo tutto nascosto, e basta" approvò Porcellino.
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