Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "Quattro, ne hanno rubati!" protestò Vento Puro. "E secondo questo bonzo, non sarebbero dei banditi!"
     "Emituofo! Se ne sono scomparsi quattro, perché noi ne abbiamo visti solo tre? Uno lo avevi fatto scomparire tu!" gridò quel cretino di Porcellino, facendo un gran baccano.
     Dal momento che l'esito dell'interrogatorio confermava i loro sospetti, i due piccoli immortali divennero più arroganti che mai. I denti d'acciaio del grande santo stridevano di furore represso, roteava gli occhi furibondi, tastava con mani nervose la sua sbarra cerchiata d'oro con una voglia incontenibile di adoperarla: "Maledetti discoli, va bene! Gli lascio l'ultima parola. Incasso e non dico niente, ma la cosa non finisce qui: giuro che quella frutta del diavolo non la mangerà più nessuno."

     E bravo Scimmiotto! Si strappò un pelo dalla nuca, vi alitò un soffio magico e lo trasformò in un altro sé stesso. Lasciò questo sosia a sorbirsi pazientemente le ramanzine dei due pupattoli, e se ne andò dritto filato all'albero di ginseng. Tirò fuori la sua sbarra cerchiata d'oro e, con un solo botto tanto poderoso da rovesciare una montagna, lo abbatté.

     Povera pianta! Sconvolta la chioma,
     Mostra le sue radici a cielo aperto.
     L'elisir vegetale dei taoisti
     Con questo colpo è perduto per sempre.

     Rovesciato l'albero, il grande santo frugò tra le fronde in cerca dei frutti, ma non trovò niente. Il fatto è che i frutti erano caduti all'urto della sbarra di metallo, avevano toccato il suolo e ne erano stati immediatamente assorbiti.


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