"Mi sembra sensato, sono d'accordo" approvò Vento Puro.
Perciò ritornarono nella sala grande, sforzandosi di assumere un'aria disinvolta e un viso rasserenato. Si inchinarono al monaco cinese e gli dissero: "Maestro, speriamo che ci vorrete perdonare le parole grossolane e offensive che vi abbiamo rivolto poco fa."
"Che cosa intendete dire?" si meravigliò Tripitaka.
"In realtà i frutti non sono scomparsi. Avevamo contato male noi, fra quel fogliame folto a grande altezza. Ora abbiamo verificato e constatiamo che i conti tornano" precisò Vento Puro.
Porcellino ne approfittò subito per assumere un tono di dignità offesa: "Avete visto, pasticcioni? Questi pivelli ci sono venuti a insultare a casaccio, senza avere idea di come stavano le cose. E così ci avete accusato ingiustamente: è una bella porcheria!"
Scimmiotto, che sapeva tutto, si arrovellava dentro di sé senza dir parola: "Perché parlano così? Perché mentono? I loro frutti glieli ho sistemati io una volta per tutte, a meno che sappiano come rendere la vita ai morti."
"Se le cose stanno così" concluse Tripitaka, "si serva il riso; partiremo dopo pranzo."
Porcellino andò a riempire le tazze, mentre Sabbioso disponeva tavola e seggiole. I due ragazzi procurarono molti piattini di verdure, melanzane e zucchini in salsa di soia, navoni in feccia di vino, fagiolini sottaceto, radici di loto marinate, cavolo rosso sotto senape. Poi recarono una teiera colma e due caraffe di vino, e si affaccendarono a mescere. Ma quando i pellegrini ebbero le loro ciotole in mano, i due ragazzi si ritirarono precipitosamente, chiusero i battenti della porta principale e li sbarrarono con un grosso catenaccio di rame a due lucchetti.
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