"Ma non è il momento di prenderci in giro" brontolò Porcellino. "Come squagliarsela da tutte queste porte sbarrate?"
"Ti farò vedere un'altra delle mie abilità" replicò Scimmiotto impugnando la sua sbarra. Le impresse il movimento che apre le serrature e la puntò verso la porta: con un fracasso di metallo spezzato, i catenacci caddero a terra e i battenti si spalancarono violentemente, come per un colpo di vento.
"Che bel lavoretto!" esclamò Porcellino. "Nessun fabbro saprebbe far meglio."
"Queste sono porte da ridere. Con una buona concentrazione, farei saltare le serrature della porta est del Cielo."
Scimmiotto invitò il maestro a uscire e a rimontare a cavallo, e si lanciarono sulla strada maestra dell'Ovest, Sabbioso accanto al cavallo e Porcellino dietro con i bagagli.
"Non prendetevela troppo calda!" gridò Scimmiotto. "Datemi il tempo di assicurarmi che i bambini facciano la nanna, diciamo un mesetto di sogni d'oro."
"Discepolo!" s'inquietò Tripitaka. "Non devi attentare alla loro vita, altrimenti aggraverai la tua posizione: ti renderai colpevole di omicidio a scopo di lucro."
"So, so" rispose Scimmiotto. Fece dietro front, rientrò nel tempio e si accostò alla cella in cui dormivano i due giovani taoisti.
Portava con sé, legati alla cintura, certi insetti del sonno che aveva vinto giocando a indovinala grillo con il re celeste Anima Lunga, alla porta orientale del Cielo. Li palpò per scegliere i due più grassocci e li gettò con un buffetto attraverso un forellino della finestra. I due volarono dritti in faccia ai dormienti e li punsero; il loro sonno divenne tanto profondo, che non li avrebbero svegliati le trombe del giudizio.
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