Scimmiotto raggiunse a gran passi Tripitaka e gli altri pellegrini, che si affrettavano lungo la strada maestra.
"Questa scimmia sarà la mia morte!" gemette Tripitaka. "Per colpa della tua ghiottoneria, devo passare la notte in bianco."
"Non me ne vogliate troppo. Potete riposare un po' in questo bosco lungo la strada: quando vi sentirete ristorato, ripartiremo."
Al reverendo non restò che scendere da cavallo e sedersi ai piedi di un pino in posizione di meditazione. Sabbioso diede un grande sbadiglio e si addormentò subito. Così fece anche Porcellino, appoggiando il capo su una roccia a mo' di guanciale. Scimmiotto aveva altri modi di riposarsi: rimasto solo, si divertì a saltare di ramo in ramo fra gli alberi del bosco.
Intanto il grande immortale, terminata la riunione al palazzo dell'Imperatore di Giada, era uscito con la sua scolaresca di giovani immortali dal paradiso Tusita, aveva attraversato il cielo di diaspro su nuvole di buon augurio e non aveva tardato a ritrovarsi al portale del Tempio delle Cinque Fattorie.
Trovando la porta spalancata e il suolo spazzato, l'immortale esclamò: "Vedo con stupore che Vento Puro e Chiaro di Luna stanno scoprendo le gioie del lavoro. Di solito fanno fatica a stirarsi nel letto quando il sole è già alto tre tese. Ma oggi, che erano soli in casa, si devono essere alzati prestissimo e hanno già aperto la porta e spazzato l'entrata."
Tutti i giovani immortali manifestavano il loro compiacimento. Ma quando entrarono nella sala grande, non ci trovarono nulla di pronto, né fuoco né incenso; nessuna traccia di presenza umana. Non parliamo poi di Vento Puro e Chiaro di Luna.
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