Tripitaka rese premurosamente il saluto: "Vi prego di perdonare la mia involontaria scortesia: non vi avevo visto."
"Da dove venite, reverendo? Perché vi siete seduto sul bordo della strada?"
"Il vostro umile servitore è stato inviato dai grandi Tang delle terre dell'Est a cercare le scritture nel Paradiso dell'Ovest. Questa appunto è la strada che seguiamo, e io mi sono seduto per riposare un momento."
"Poiché venite dall'est, sareste per caso passato dalla nostra desolata montagna?" inquisì il grande immortale, fingendosi sorpreso.
"Qual'è la vostra preziosa montagna?"
"La mia umile dimora è il Tempio delle Cinque Fattorie sul Monte della Longevità."
A queste parole intervenne precipitosamente Scimmiotto, che aveva la coda di paglia: "No, no, siamo passati da un'altra strada."
"Ti ho colto, maledetta scimmia!" replicò il grande immortale, tendendo il dito accusatore e mettendosi a ridere. "Chi credi di imbrogliare? Sei stato proprio nel nostro tempio, e hai rovesciato l'albero di ginseng. Poi siete fuggiti, questa notte stessa. Che cosa aspetti a confessare? Dove credi di trovare un alibi? Vieni qui e rendimi il mio albero, prima che sia troppo tardi."
Apostrofato in questo modo, Scimmiotto fu invaso dal furore: cavò la sbarra e, senza perdere tempo a commentare, la calò sulla testa del grande immortale, che la schivò balzando da lato e subito si alzò in cielo su un alone di buon augurio. Scimmiotto lo inseguì con una nuvola. Una volta in aria, l'immortale riprese il proprio aspetto. Ecco com'era vestito:
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