Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "Quando pensi di ritornare?"
     "Mi basteranno tre giorni."
     "Va bene, avrai i tre giorni che chiedi. Tre giorni e non di più. Quando saranno trascorsi, se non sarai di ritorno, io reciterò il sutra che sai."
     "Ho capito, ubbidisco."
     Si strinse alla vita il grembiule di pelle di tigre e prese congedo dal grande immortale dicendo: "State tranquillo, messere, che sarò puntuale. Ma nel frattempo dovete provvedere al mio maestro. Non gli deve mancare niente: tre tè e sei pasti al giorno. Altrimenti, quando ritornerò, dovrete fare i conti con me; tanto per incominciare vi sfonderò tutte le pignatte di casa. Quando la sua biancheria è sporca, va lavata e inamidata. Non voglio ritrovarlo pallido né smagrito; se lo fosse, non vi sbarazzereste facilmente di me."

     "Ma parti, dunque!" si spazientì il grande immortale. "Sta tranquillo che non lo lascerò morir di fame."
     Il bravo re scimmia, con una capriola nelle nuvole, lasciò il Tempio delle Cinque Fattorie in direzione del grande oceano orientale. Attraversava lo spazio con la velocità del lampo o di una meteora, e presto raggiunse le isole Penglai, la contrada degli immortali. Un posto bellissimo, come testimoniano i versi:

     Sacro e vasto paese d'immortali,
     Isole dove convergono i flutti;
     Alte torri di diaspro la cui ombra
     Rinfresca il cielo, archi giganteschi
     Che si vedono splendere dal mare.
     Salgon spire di brume colorate
     Nel cielo azzurro; i nove luminari
     Si rifletton su tartarughe d'oro.
     Le bellezze fatate qui si recano
     Per recare in offerta ai tre immortali


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