Mentre conversavano Porcellino ritornò alla carica e si mise a molestare la stella della Fortuna chiedendole caramelle. Le tastava le maniche, frugava nella sua cintura, finì per sollevarle la veste.
"Porcellino, che modi son questi?" gli gridò Tripitaka, senza riuscire a trattenere le risa.
"Faccio le cose a ragion veduta; è quello che si dice: sfruttare la fortuna sino in fondo."
Tripitaka gli ingiunse di andarsene e Porcellino si allontanò rivolgendo uno sguardo intenso alla stella della Fortuna; questa reagì: "Somaro! Che cosa ti ho fatto, perché tu mi guardi male?"
"Non ti guardo male" replicò Porcellino. "Pratico il detto: volgere il capo alla fortuna."
Passando davanti alla cucina, Porcellino vide un ragazzo davanti a una credenza che stava cercando ciotole e dolci per servire il tè. Si avvicinò, si impadronì di quattro mestoli e corse nella sala grande; qui raccolse una pietra sonora e si mise a saltellare intorno percuotendola a tutto spiano con i mestoli.
"Questo bonzo fa sempre peggio, ha perduto ogni dignità" s'indignò il grande immortale.
"Non ho perduto la dignità" rispose ridendo Porcellino; "celebro la festa delle quattro stagioni."
Mentre Porcellino faceva il buffone, Scimmiotto, partito su una nuvola dalle isole Penglai, aveva raggiunto il monte Fangzhang. Era un posto magnifico, come testimoniano i versi:
Sulla montagna si alza un altro cielo,
Alto luogo d'incontro di immortali.
I tre puri sentieri la percorrono
Su alte terrazze, tra fiori fragranti.
Qui la fenice si viene a posare.
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