"Su, non tergiversiamo, grande immortale" gridò Scimmiotto. "Prepara l'altare e l'incenso, e prega la pusa di rimetterti in piedi quell'albero dei miei stivali."
Il grande immortale si inchinò per ringraziare: "Come avrei osato scomodarvi per così piccola cosa?"
"Il monaco cinese è mio discepolo, e se Scimmiotto vi ha offeso, secondo ragione, è compito mio risarcirvi."
"Se le cose stanno così" intervennero i tre vegliardi, "bando ai complimenti: preghiamo la pusa di venire in giardino a esaminare la situazione."
Il grande immortale fece preparare una tavola per l'incenso e fece spazzare la corte posteriore, poi invitò Guanyin a uscire per prima, seguita dai tre anziani. Quando giunsero nel parco, seguiti da Tripitaka, dai discepoli e dalla folla degli immortali, ciascuno poté constatare che l'albero giaceva al suolo con le radici all'aria; tutte le foglie erano appassite e cadute dai rami.
"Porgimi la mano, Consapevole del Vuoto" ordinò Guanyin.
Scimmiotto le tese la mano sinistra. Guanyin inzuppò il ramo di salice nella rugiada del vaso e tracciò sul palmo della scimmia il segno della risurrezione. Poi gli disse di porre la mano sulle radici e di attendere che dal suolo sgorgasse acqua. Scimmiotto tastò fra le radici, finché sgorgò una sorgente di acqua pura.
"Quest'acqua non deve entrare in contatto con i cinque elementi. Bisogna raccoglierla in un vaso di giada, rizzare l'albero e annaffiarlo a partire dalla sommità: allora la scorza tornerà ad aderire ai rami e al tronco fino alle radici, spunteranno nuove foglie, si gonfieranno nuovi germogli e avremo nuovi frutti."
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