Dal picco che sovrasta le alte creste
A terrazze, si vedon serpeggiare
Fragorosi torrenti nei burroni;
Le tigri solitarie, orde di lupi,
Le famiglie dei daini e dei cinghiali,
Cervi e cerbiatti in branchi, lepri e volpi
Che dovunque s'aggirano. Un pitone
È lungo mille piedi e un gran serpente
Si srotola per diecimila tese.
Sputa il pitone nebbie velenose
Ed il serpente un gran vento maligno.
Rovi spinosi ingombrano i sentieri
Spesso interrotti da folti di pini
E da alti cedri. Pendono dagli alberi
Ovunque liane fino all'erba folta
E la luce intercettano, creando
Glauchi recessi. Regna in questi luoghi
Dominati da mille picchi gelidi
L'atmosfera di un mondo primordiale.
C'era di che spaventare il reverendo sul suo cavallo, ma Scimmiotto mise in mostra le sue abilità agitando il randello e diede un ruggito che mise in fuga tigri e leopardi, mentre lupi e serpenti si rintanavano impauriti. I pellegrini giunsero ai piedi di un'altra rupe, ancor più ripida, e Tripitaka dichiarò: "Consapevole del Vuoto, abbiamo fatto una lunga marcia, ho fame. Va a chiedere in elemosina del cibo di magro."
"Maestro" rispose Scimmiotto con un sorriso contrariato, "non è un'idea furba. Ci troviamo fra le montagne, non si vede da nessuna parte traccia di abitato. Non c'è dove chiedere cibo, né in elemosina né pagando."
"Benedetta scimmia" replicò Tripitaka di malumore, "quando penso che ti ho trovato incastrato dentro un cofano di pietra, dove potevi muovere soltanto la lingua! Io ti ho salvato la vita e ti ho ricevuto fra i miei discepoli, e tu rifiuti di fare una piccola cosa per me. Non sei che un pigro."
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