Il bravo Scimmiotto borbottò un incantesimo per convocare il dio locale e lo spirito della montagna, e chiese la loro collaborazione: "È la terza volta che questa diavolessa viene a insidiare il mio maestro. Questa volta la voglio abbattere: voi dovete farmi da testimoni e badare a tagliarle la ritirata."
Gli dèi acconsentirono: nessuno avrebbe osato disubbidirgli. Il grande santo impugnò il suo randello, e questa volta il colpo cadde diritto e spezzò l'esistenza del mostro.
Tripitaka, terrorizzato, batteva i denti e tremava tutto senza riuscire a dire una parola. Porcellino sogghignava con aria maligna: "Ma che bravo Novizio! Tre morti ammazzati in mezza giornata."
Mentre il monaco cinese si stava riprendendo e si apprestava a recitare l'incantesimo, Scimmiotto si precipitò verso di lui gridando: "Fermo, maestro, prima di recitare il sutra venite a vedere di che cosa si tratta."
Giaceva a terra un mucchio biancheggiante di ossa corrose dal tempo.
"Consapevole del Vuoto" esclamò Tripitaka stupefatto, "com'è possibile che sia appena morto e si presenti già ridotto in quel modo?"
"Non era altro che un cadavere malefico, che si aggirava sulla montagna per sviare i viandanti e derubarli della loro identità. Quella che vedete è la sua vera forma; leggete la colonna di caratteri incisa sulle sue vertebre: si chiamava la Signora dal Bianco Scheletro."
La spiegazione sembrava convincente, ma Porcellino ricominciò a insinuare: "Maestro, è cattivo e ha la mano pesante. L'ha ammazzato d'impulso e poi ha avuto paura che recitaste l'incantesimo; perciò ha inventato questa messinscena."
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