Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Batte nelle alte ondate il polso della terra,
     Dai flutti salgon brume ad annebbiare il cielo:
     Rombando come tuono la marea va montando
     E sommerge le baie come un vasto uragano.
     Sorvolano immortali, cavalcando gru o draghi.
     Rive disabitate, senza città o villaggi.
     Son pochi i pescatori che navigan quelle acque,
     Che sembran rotolare neve di mille anni
     Sotto un vento mugghiante di bufera invernale.
     Non ci son barche in vista. Questo è il regno dei pesci.
     Lo strido dei gabbiani risuona da lontano.
     Stormi d'oche selvatiche vanno solcando il cielo.

     Infine Scimmiotto scavalcò l'oceano con un balzo e subito raggiunse il Monte di Fiori e Frutti. Abbassò la sua nuvola, scrutò il suolo, e che vide? La montagna era brulla e deserta, non ne salivano vapori né si vedevano segni di vita: rupi diroccate, foreste calcinate. Che cos'era accaduto? In effetti, durante la guerra in cui Scimmiotto era stato catturato e condotto prigioniero nel mondo di Sopra, Erlang e i suoi fratelli del Monte dei Susini avevano devastato tutta la zona, lasciandola in quello stato. Scimmiotto si sentì ancor più depresso; lo dice questa elegia in stile antico sul paesaggio desolato:


     Piango quando ci penso,
     Raddoppia la mia pena
     Al veder devastato
     Il Monte del mio cuore,
     Che io credevo immune
     Da qualunque sciagura [...]
     Furono i miei misfatti
     D'altri tempi a condurmi
     Al presente cordoglio.

     Il povero Scimmiotto affogava in un mare di tristezza. Ed ecco che dalle rocce sparse sul pendio sbucarono sette od otto scimmiette, che gli corsero incontro e si prosternarono gridando: "Grande santo! Padre! Siete qui!"


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