"Basta così. Sarebbe meglio che ritornasse giù" disse il re allarmatissimo.
Porcellino fece il gesto di accoccolarsi e riprese la sua solita statura.
"E come siete armato, reverendo?" chiese ancora il re.
"Il vecchio Porcellino usa un rastrello" rispose il bestione mostrandolo.
"Ma è indecente!" esclamò il re con un risolino nervoso. "Non sarebbe dignitoso per la mia casa. Qui abbiamo di tutto: fruste, sbarre, azze e mazze, sciabole, lance, alabarde, asce da guerra, spade, picche, partigiane, falci da battaglia. Scegliete quello che vi conviene, ma che sia un'arma decorosa, non un arnese da giardinaggio."
"Vostra maestà non se ne intende. Vi sembrerà un'arma volgare ma, a parte il fatto che l'ho sempre usata e ci sono abituato, con questo rastrello in pugno ho comandato ottantamila marinai sul Fiume Celeste, quand'ero ammiraglio. Del resto, anche nell'accompagnare il maestro, è con questo rastrello che ho distrutto covi di lupi e tigri, e ripulito antri di draghi e serpenti."
Il discorso impressionò il re, che fece segno di avvicinarsi alla nona concubina e le disse all'orecchio: "Porta di quel vino mio personale per festeggiare il reverendo che va alla guerra; puoi portare una bottiglia intera." Riempì una coppa e la porse a Porcellino: "Reverendo, vi ringrazio fin d'ora della pena che vi darete. Quando avrete catturato l'orco e ricondotto mia figlia, vi darò mille pezzi d'oro e un banchetto coi fiocchi."
Il bestione prese la coppa e sfoderò quel tanto di cortesia di cui era capace; fece una gran riverenza a Tripitaka e gli disse: "Maestro, dovreste essere voi il primo a bere questo vino, ma non oso disobbedire all'ordine del re; scusatemi se vi precedo, ma mi serve per mettermi su di giri e aumentare il mio coraggio nella cattura del mostro."
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