"Non potremmo vederla anche a noi nella sua vera forma?"
"Certo che potete, non è difficile. Fatemi avere mezzo bicchiere d'acqua pura."
Il re ordinò a un ufficiale di portare l'acqua. Il genero la prese, si alzò e fece i passi del trucco chiamato scurire gli occhi, fissare il corpo; recitò la formula e, con la bocca, spruzzò un sorso d'acqua in direzione di Tripitaka. Poi gridò: "Cambia!" e lo trasformò in una gigantesca tigre maculata. Il re e la corte videro con i loro occhi
La bianca fronte e la testa rotonda,
Corpo zebrato ed occhi lampeggianti.
Dalle zampe si vedono spuntare
Venti artigli taglienti e acuminati
E la gran bocca lascia intravvedere
Candide seghe di robusti denti.
Con le orecchie appuntite essa ricorda
Il gatto, ma la mole è gigantesca,
Come l'ha il toro bruno di palude.
I lunghi baffi son fili d'acciaio,
Fetidi miasmi emana dalla gola.
Nel veder la gran belva maculata
Tutti i presenti son terrorizzati.
Come il re la vide, sentì le sue anime abbandonarlo. Gli ufficiali, spaventati, corsero a nascondersi, salvo i militari più coraggiosi che lanciarono sulla belva i loro uomini, cercando di colpirla con armi di ogni specie: ci sarebbe stato di che fare a pezzi tutti i monaci di un monastero. Gli dèi incaricati della protezione di Tripitaka ebbero il loro da fare per impedire che venisse colpito. Si fece una bella sarabanda fino a sera e si finì per catturare la tigre viva e illesa, incatenarla e metterla dentro una gabbia di ferro, che fu chiusa a chiave in una stanza del palazzo. Il re diede ordine al servizio competente di preparare un grande banchetto per ringraziare il genero, che era arrivato appena in tempo a salvarlo dall'aggressione del finto bonzo.
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