Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "Va bene, versa pure."
     Il drago prese la brocca e riempì una coppa superando l'orlo di mezzo pollice senza spandere vino, perché era pratico del metodo chiamato della costrizione dei liquidi, che il mostro non conosceva. Perciò questi si mostrò molto interessato e commentò: "Che begli scherzetti sai fare!"
     "Se è per questo, potrei versarne ancora."
     "Fa vedere."
     Il drago continuò a mescere nella stessa coppa: il vino saliva e prendeva la forma di una smilza pagoda di tredici piani, senza che se ne spargesse una goccia. L'orco si bevve la pagoda e masticò un boccone di cadavere. Poi chiese: "Sai cantare?"
     "Me la cavo" disse il drago; e gli cantò un'arietta, mentre riempiva la brocca.
     "Di ballare sei capace?" chiese ancora il mostro.
     "Più o meno. Ma danzare a mani vuote non vien bene."

     Il mostro aprì il suo mantello, sguainò la spada che portava alla cintura e la tese al drago, che improvvisò una lunga danza della spada. All'orco piaceva molto, guardava affascinato e il suo sguardo sembrò scivolare in una fissità cui il vino doveva contribuire. Fu il momento che il drago scelse per interrompere la coreografia e indirizzargli un fendente. Ma il mostro non perdeva mai i suoi riflessi: schivò e afferrò un candelabro di ferro forgiato, che poteva pesare ottanta o novanta libbre.
     Anche il drago riprese la sua forma, uscirono combattendo dalla sala e continuarono lo scontro sulle nubi. Che battaglia, in quel buio notturno!

     Il mostro del Monte della Tazza e il drago bandito dal mare occidentale: l'uno emana una luce più chiara del lampo, l'altro emette un turbine di vento rosso cupo. Incede l'uno come un maestoso elefante dalle bianche zanne fra i minuscoli uomini, l'altro ricorda il gatto selvaggio che si avventa sul mondo sfoderando artigli d'acciaio. L'uno sostiene la colonna di giada del cielo, l'altro incornicia l'oceano di travi d'oro. Vola e danza il drago d'argento, balza e travolge il diavolo giallo. A dritta, a manca, volteggia la spada preziosa; avanti, indietro, il pesante candelabro si muove senza sosta.


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