Subito le scimmie, numerose come uno sciame d'api, circondarono Porcellino, lo spinsero avanti e lo inchiodarono al suolo.
"Da dove vieni, barbaro?" chiese severamente Scimmiotto.
Porcellino a testa china rispose: "Non oso accettare l'onore di essere interrogato. Però non sono un barbaro, ma uno che conoscete bene."
"Qui tutti sono scimmie, tutti si assomigliano e si sentono tutti fedeli sudditi del grande santo; tu sei diverso e sei più balordo degli altri. Dunque sei un mostro forestiero. Se la tua intenzione è di fare atto di sottomissione, devi seguire le regole: prima consegni la tua carta d'identità e scrivi il nome nel registro, poi ti presenti all'appello quando e dove ti viene indicato. Come ti permetti di venirmi a rendere omaggio prima di essere stato accettato?"
"Vergògnati!" grugnì Porcellino, ma sempre con la testa china e cercando di nascondere il grugno. "Siamo stati fratelli giurati per anni, e adesso pretendi di non avermi mai visto e mi tratti da barbaro."
"Allora alza il muso e fatti vedere" rispose Scimmiotto ridendo.
"Eccolo, il mio muso!" gridò Porcellino tirandosi su. "Se insisti a non riconoscermi, qualcosa da rinfacciarti ce l'avrò."
"Quel porcellone di Otto Divieti!" esclamò Scimmiotto soffocando dalle risate.
"Sono proprio io, Porcellino Otto Divieti." E intanto pensava: "Se ammette di riconoscermi, sarà più facile che mi ascolti."
"Perché non te ne vai in cerca di scritture con il monaco cinese? Scommetto che l'hai offeso e ti sei fatto licenziare anche tu. Te l'ha data la lettera di licenziamento? Fa un po' vedere."
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