Porcellino non poteva saziarsi dello spettacolo che aveva davanti ed esclamava: "Che meraviglia, fratello! Credo che sia la più bella montagna del mondo."
"Infatti ci si può campare, saggio condiscepolo."
"In questo posto benedetto dal Cielo, altro che campare!"
Chiacchierarono e risero a lungo scendendo dalla cima. Lungo la strada, le scimmie venivano a offrire grappoli d'uva violetti, pere profumate, sugose nespole gialle e corbezzoli rossi. Inginocchiati sul bordo della strada, gridavano: "Grande santo, signore e padre, mangiate qualcosa!"
"Mio fratello Porcellino" rispondeva Scimmiotto ridendo "ha un tipo di appetito che non si sazia con la frutta. Comunque, caro fratello, prendi qualcosa come aperitivo, e scusa se è poco."
"A me piace seguire gli usi del paese, per quanto grande sia il mio appetito. Assaggerò volentieri questa frutta."
Mentre assaggiavano, il sole saliva in cielo. Porcellino temeva ciò che nel frattempo poteva accadere a Tripitaka e continuava a insistere: "Fratello, il maestro è là che ci aspetta. Dovremmo andare."
"Ti prego di venirti a distrarre nella Grotta del Sipario Torrenziale, saggio condiscepolo."
Ma Porcellino rifiutò: "Sei proprio gentile, ma io sono preoccupato per il maestro che aspetta. Non darti il disturbo."
"In questo caso non ti trattengo; salutiamoci qui."
"Ma tu non vieni?"
"E dove dovrei venire? Qui sono libero e sto bene, non sono soggetto né al cielo né alla terra: perché dovrei rinunciare alla mia libertà per fare il bonzo? Vacci tu, io resto dove sono. Da parte mia dovresti dire al monaco cinese di non perdere tempo a pensare a me; è lui che mi ha scacciato."
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