Quell'essere affilato come un ago,
Che va sfiorando i giunchi più veloce
Di una stella filante e ronza lieve.
È l'insetto più piccolo, elegante
E pieno di risorse. Ama il riposo
In fondo ai boschi, dove si nasconde
Ad ogni sguardo.
Ronzando raggiunse in breve Porcellino e si posò in un ciuffo di peli radi dietro un'orecchia. Il bestione, intento alla sua marcia, non poteva certo accorgersene. In capo a sette od otto li posò il rastrello, si volse nella direzione in cui aveva lasciato il monaco cinese e si mise a inveire e gesticolare: "Quel vecchio monaco rammollito, quell'equipuzio senza scrupoli, quel pulcino nella stoppa di Sabbioso, se ne stanno là a fare i loro comodi. Fanno camminare me; a loro interessano solo i meriti della ricerca delle scritture, ma il lavoro devo farlo io. Quando ci sono in giro dei mostri, è meglio non farsi troppo vedere. Nossignore, mandano avanti me perché mi faccia veder bene, e addirittura li vada a cercare. Peggio per loro. Io mi fermo e mi faccio una dormita, e quando mi sarò svegliato gli andrò a raccontare quello che mi verrà in mente sul mio servizio di pattuglia; a loro andrà bene lo stesso."
Il posto era adatto: in quel punto il pendio era coperto di una morbida erba fulva. Il bestione spianò il suolo con un colpo di rastrello, ci si stese e piombò nel sonno, come cade nel pozzo il secchio pieno d'acqua quando la corda sfugge di mano. Fece appena in tempo a borbottare: "Che meraviglia! Non sta così bene nemmeno quel maledetto equipuzio."
Scimmiotto, che aveva sentito tutto, decise di stuzzicarlo. Volò via e con una scossa si trasformò in un picchio, di quelli che beccano gli insetti annidati nel legno.
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