La strada non era propriamente liscia e sgombra. Nella fuga precipitosa si impigliò nei rovi, inciampò nelle liane e cadde lungo disteso; mentre cercava di rialzarsi, un mostriciattolo lo colpì alle caviglie e lo fece nuovamente cadere col muso in terra, come un cane che mangia la propria cacca. Tutta la banda gli fu addosso e lo inchiodò al suolo. Lo afferrarono per i peli, per le orecchie, i piedi, la coda, e lo portarono prigioniero nella grotta. Ahimè, è il caso di dirlo:
Se i diavoli all'assalto sono assai,
Non hai modo di toglierti dai guai.
Se in fin dei conti non sapete in quali impicci si trovò Porcellino, fareste meglio ad ascoltare il seguito.
CAPITOLO 33
IL CIELO IN PRESTITO
IN CUI NATURA-IN-VERITÀ SI PERDE PER UNA VIA NON ORTODOSSA E L'ANIMA ORIGINALE ASSISTE SPIRITO-IN-SÉ.
Il mostro fece condurre Porcellino nella grotta e disse al fratello: "Ne ho catturato uno."
"Fa vedere" rispose tutto contento il fratello maggiore.
"È lui, no?"
"Fratellino, non è quello giusto. Questo è un monaco che non serve a niente."
Porcellino prese la palla al balzo: "Certo, gran re, sono un bonzo che non serve a niente. Tanto vale lasciarmi andare, siate umano!"
"Non lo liberare, fratello" si inquietò il fratello minore. "Non servirà a niente, ma è Porcellino Otto Divieti e stava con il monaco cinese. Possiamo metterlo a bagno nell'acqua finché si stacchino le setole, e poi lo facciamo seccare sotto sale per farne prosciutti da accompagnare al vino nei giorni di pioggia."
"Che iella" brontolò Porcellino "cadere nelle mani di orchi salumai!"
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