Le mostriciattole, nulla sospettando, posarono il palanchino. Scimmiotto si era strappato un pelo e lo aveva trasformato in una bella focaccia dorata, che andava mordicchiando.
"Signori messaggeri" chiesero le ragazze "che cosa mangiate?"
"È un po' imbarazzante, ma dopo aver fatto tanta strada per portare l'invito alla signora, non ci è stato offerto niente; ci è venuta fame. Queste sono provviste portate da casa. Se potete aspettare un momento, finiamo presto."
"Che bella focaccia! Potremmo assaggiare anche noi?"
"Ma certo, siamo in famiglia. Prendetene quanta volete."
Le innocenti mostriciattole si fecero intorno a Scimmiotto per avere la loro parte, e l'ebbero infatti. Cavato il randello, gli diede un colpetto sulla testa che ne ridusse una in poltiglia, mentre l'altra, appena sfiorata e non del tutto morta, rantolava con la testa rotta. La vecchia sentì un rumore e sporse il capo per vedere, ma Scimmiotto con un balzo le si parò davanti e sfondò la testa anche a lei. Poi tirò fuori dal palanchino ciò che ne rimaneva per scoprire di che cosa si trattasse, e vide che era una volpe a nove code.
"Brutta bestiaccia!" commentò Scimmiotto ridendo. "Se ti facevi dare della 'signora', io dovrei farmi dare almeno del 'signor bisnonno'."
Il bravo re scimmia frugò il cadavere finché trovò la corda d'oro, se la mise nella manica e disse allegro: "Le risorse di quei diavoli diminuiscono un altro po'; questo è il terzo tesoro che mi prendo."
Con suoi peli debitamente trasformati, duplicò di nuovo Drago di Mare e le due mostriciattole portatrici del palanchino; da parte sua prese il dignitoso aspetto della vecchia signora, si sedette, e il convoglio riprese il cammino come se niente fosse accaduto.
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