Porcellino dalla sua trave gridava: "Sorpresa! La falsità è legata, la verità appesa!"
"Che cosa grida quel Porcellino?" chiese l'orco maggiore posando il bicchiere.
Il falso mostriciattolo si avvicinò per servirlo e spiegò: "Porcellino istiga Scimmiotto a fuggire con qualche trasformazione. La scimmia rifiuta, e quello lassù fa il diavolo a quattro."
"Si dice che Porcellino sia un ingenuo" intervenne il minore. "Vedo invece che è una bella carogna. Dagli venti vergate."
Scimmiotto andò a procurarsi la verga.
"Vacci piano" gli soffiò Porcellino, "oppure spiattello chi sei."
"Mi sono liberato anche nel vostro interesse; perché mi vuoi sabotare? E non capisco come abbia fatto a riconoscermi: nessun altro qui si è accorto chi sono."
"La testa l'hai cambiata, ma hai dimenticato il culo. E ci porti sopra due inconfondibili chiazze rosse, no?"
Scimmiotto scivolò nelle cucine; in un angolo buio andò a grattare un po' di fuliggine dalle pentole, se la spalmò sulle natiche e ritornò nella sala.
"Chissà dov'è andata a strofinarsi questa scimmia" sghignazzò Porcellino quando lo rivide, "per annerirsi le chiappe in quel modo."
Il grande santo ci sapeva fare. Piegò il ginocchio davanti a uno degli orchi: "Grande re, quel tale Scimmiotto non fa che agitarsi: finirà per rompere la corda d'oro. Non sarebbe meglio legarlo con una fune più grossa?"
"Hai ragione" rispose il mostro, e si tolse dalla vita e gli tese una cintura ornata da un motivo di barbari e leoni affrontati. Scimmiotto, sostituendo la corda d'oro, se la fece scivolare nella manica, e portò invece all'orco un suo pelo trasformato; questi lo prese distrattamente, mentre continuava a bere.
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