Si azzardò ad accennare di sì con il capo e si trovò immediatamente aspirato nella zucca, dove fu sigillato con un nastro di carta. Per mettere in funzione l'attrezzo magico non faceva differenza che il nome fosse vero o falso; bastava il minimo segno di consenso.
Il grande santo si ritrovò nel buio assoluto. Provò a spingere in alto la testa, ma non servì a nulla: il sigillo era ermetico. Incominciò a inquietarsi: "I mostriciattoli, sulla montagna, andavano dicendo che la gente chiusa qui dentro viene liquefatta in tre ore e mezza; non farò per caso quella fine?" E rifletteva: "Non credo di correre rischi. Non sarà tanto facile dissolvere il mio corpo: il soggiorno di quarantanove giorni nel forno degli otto trigrammi, che ho fatto a suo tempo, mi ha forgiato cuore e fegato d'oro, viscere d'argento, testa di bronzo, schiena di ferro, occhi di fuoco e pupille di metallo. Come si fa a liquefarmi in tre ore e mezza? Voglio proprio vedere."
L'orco minore rientrò in casa e annunciò al fratello: "Ho imprigionato Scimmiotto Stravizio nella zucca."
"Bravo, saggio fratello! Ora siediti e aspetta. Non si può togliere il sigillo prima che, agitando la zucca, si senta il liquido sciabordare."
Scimmiotto, che udiva tutto, pensava: "Per quanto mi agitino, non riuscirò a convincerli di essermi liquefatto. Potrei far pipì; in questo modo sentirebbero lo sciabordio, toglierebbero il sigillo e io ne approfitterei per svignarmela. Però ci sono aspetti negativi: potrebbero accorgersi del rumore che faccio urinando; e in ogni caso mi bagnerei tutto il vestito. Sarà meglio che imiti il rumore atteso con la bocca. Il vecchio Scimmiotto la scamperà anche questa volta."
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