Accanto all'ingresso della cella del superiore c'era un grande leone di pietra: un colpo della sbarra, e cadde in polvere. Il bonzo, che guardava dalla finestra, si sentì le gambe molli e si nascose sotto il letto. Il servo cercava di infilarsi sotto il forno e diceva: "Avete visto, signore, com'è pesante quel bastone? Diamogli retta, che altro si può fare?"
"Bonzi" gridò Scimmiotto, "non vi spaventate: non vi voglio picchiare. Ma ditemi: quanti monaci ci sono in questo monastero?"
"Ci sono duecento ottantacinque celle" rispose tremando il superiore, "e cinquecento monaci ordinati con certificato."
"Va bene. Fai l'appello di tutti i cinquecento monaci, falli vestire da cerimonia e schierali per ricevere il mio maestro, che viene dalla corte dei Tang. A queste condizioni, non vi picchierò e vi lascerò restare."
"Non ci picchiare! Dovessi portarlo in spalla, il nostro ospite, lo porterò!"
"Su, non perdiamo tempo."
Il superiore si rivolse al servo: "Comunque sia ridotta la tua milza - e anche il tuo cuore, se è per questo - dovrai andare a chiamare tutti per accogliere il nostro eminente signore, il monaco cinese."
Il servo non poteva far altro che correre il rischio. Tuttavia non osò uscire dalla porta, ma scivolò dalla gattaiola sul lato posteriore, corse alla sala principale e si mise a batter tamburi a est e percuoter campane a ovest. I monaci dei due portici accorsero in folla: "Non è ancora scesa la sera; perché suoni tamburi e campane?"
"Svelti, andate a cambiarvi e vestitevi da cerimonia" rispose il servo. "Vi dovete schierare agli ordini del superiore per fare accoglienza al gran signore che viene dalla corte dei Tang."
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