Soffia, sibila e muggisce,
Spazza via le foglie morte.
Corrono le nubi in cielo
E s'oscurano le stelle.
Sulla terra si sollevano
Sabbia e polvere dovunque.
Prima è una gentile brezza,
Va fra i pini ed i bambù.
Poi uragano scatenato
Che ti strappa le finestre,
Disorienta i pesci in mare,
Lascia tutti a bocca aperta,
Dèi e diavoli. Vien spento
Delle lampade ogni lume
Di saggezza. Nella sala
Ogni vaso è rovesciato,
Cade dal brucia profumi
Sul tappeto bigia cenere,
Le candele son ridotte
A fumare tutte storte.
I tendaggi e i baldacchini
Son strappati. Le terrazze
E le torri sono scosse
Dalle loro fondamenta.
Nel torpore del sonno quel vento continuava a gemere in sogno, e portò al reverendo un mormorio sordo e triste che veniva dall'esterno e implorava: "Maestro!"
Intuì che sull'uscio stava ritto un uomo zuppo d'acqua dalla testa ai piedi, che versava lacrime e ripeteva l'implorazione: "Maestro, maestro!"
"Sarai una lamia, una strega o un vampiro, o qualche altro mostro perverso che è venuto a prendersi gioco di me a quest'ora della notte" diceva Tripitaka. "Ma io non sono di quelli che si macchiano d'ira, e tanto meno di concupiscenza. Io sono un monaco illustre, di immensa rettitudine; i grandi Tang delle terre dell'Est, pensa!, mi hanno incaricato di una missione ufficiale per cercare sacre scritture. E la mia meta è nientemeno che il Paradiso dell'Ovest, il Buddha! Sono accompagnato e servito da tre discepoli, nobili eroi che abbattono tigri e draghi, guerrieri valorosi che sono sperimentati nel far piazza pulita di ogni specie di mostri. Te lo dico perché sono buono: se ti vedono, ti riducono in polvere. Fuggi finché puoi, allontanati subito e non ritornare mai più!"
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