"Maestro, io non sono né una strega, né una lamia, né un mostro" rispondeva l'uomo sull'uscio.
"Se non lo sei, che cosa vieni a fare qui a quest'ora?"
"Maestro, ma aprite dunque gli occhi, e guardatemi!"
Tripitaka alzò il capo, spalancò gli occhi e guardò:
Alta corona di sovrano in capo,
La cintura di giada smeraldina,
Draghi e fenici sulla ricca veste,
Gli stivali di nuvole dorate.
Regge scettro di giada tempestato
Di stelle. Ha il portamento del Signore
Di civiltà Wenchang. Ricorda in volto
L'imperatore della Lunga Vita.
La maestosa visione lasciò Tripitaka smarrito. Balzò in piedi, si inchinò premurosamente più volte e infine riuscì a padroneggiarsi abbastanza da chiedere: "Qual'è il vostro regno, maestà? Prego vostra maestà di volersi accomodare."
Tese anche la mano per dargli sostegno, ma brancolò nel vuoto. L'uomo non si muoveva.
"Parlatemi del vostro regno. Ci saranno stati disordini, rivolte; sarete stato tradito e inseguito, per costringervi a fuggire e cercare salvezza qui nel cuore della notte. Ve ne prego, raccontate."
Mentre racconta va spargendo lacrime,
Ed il racconto ne svela il motivo.
"Maestro" rispose, "la mia residenza si trova a ovest, a quaranta li da questo monastero. Laggiù è la città circondata di mura e di fossati che era la mia capitale."
"Come si chiama?"
"Quando fondai il mio regno, le diedi il nome di Città del Gallo Nero."
"E che cosa ha condotto vostra maestà a questa triste situazione?"
"Ah, maestro! Tutto incominciò con una spaventosa siccità, che durò cinque anni: non cresceva più un filo d'erba, la gente moriva di fame."
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