Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "Discepolo mio, mi sembra un bel piano. Vediamo: i doni hanno nome kasâya di broccato e scettro di giada bianca; ma a te quale nome darò?"
     "Mi chiamerete fabbrica re."
     Tripitaka ne prese nota. Per il resto della notte non riuscirono a chiudere occhio: avrebbero voluto chiamare subito il sole dal paese del fusang e disperdere in un soffio le stelle del cielo.
     Non appena albeggiò, Scimmiotto raccomandò a Porcellino e Sabbioso di non muoversi per il convento, a evitare qualunque occasione di attrito con i monaci: "Aspettate il mio ritorno. Quando tutto si sarà concluso come si deve, ci muoveremo e ci divertiremo insieme."
     Fece una capriola nello spazio e i suoi occhi di fuoco localizzarono subito la città, quaranta miglia più avanti sulla strada dell'Ovest. Osservando attentamente si rese conto che sopra di essa vari strati di miasmi diabolici ristagnavano in cielo, appena mossi qua e là da qualche soffio malefico. Commentò sospirando: "Se il vero re fosse sul trono, si vedrebbero nubi e luci di buon augurio. Solo la presenza di un usurpatore può spiegare questi oscuri vapori."

     Si udì un colpo di cannone, la porta verso est si aprì e ne uscirono cavalieri e uomini appiedati: una grande spedizione di caccia, delle dimensioni di un esercito.

     Lasciano all'alba la città proibita
     Ed avanzano verso la brughiera.
     Bianchi cavalli corrono nel vento,
     Rosse bandiere brillano nel sole.
     Rullare di tamburi, urti di lance.
     I falconieri avanzano con piglio
     Selvatico e feroce, più marziali
     Sono i mastri dei cani. Trema il cielo


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