"In effetti questo prete viveva quotidianamente con mio padre. Tre anni fa, durante una passeggiata nel giardino reale, il taoista se ne ritornò alle sue montagne, cavalcando un vento magico e portandosi via lo scettro di giada bianca di mio padre. Questi non l'ha mai dimenticato, e ha persino chiuso il giardino, perché andarci gli avrebbe destato tristi ricordi. Ma non vedo perché il re non dovrebbe essere mio padre."
Scimmiotto non rispose ad altre domande, se non con un sogghigno. Il principe perse la pazienza: "Perché non dici più nulla e non fai che sogghignare?"
"Ho altro da dire, ma non davanti a tutta questa gente."
Il principe dispiegò la manica per far segno ai suoi uomini di allontanarsi. Gli ufficiali li guidarono sul terreno antistante all'ingresso del monastero e ordinarono di accamparsi. Nella sala vuota, il principe sedette al posto d'onore, con il reverendo in piedi davanti a lui e Scimmiotto alla sua sinistra. Si erano ritirati anche i monaci. Scimmiotto annunciò solennemente: "Colui che fu portato via dal vento era in realtà il padre che vi ha generato; e fu il prete taoista a occupare il suo posto sul trono."
"Ma è una menzogna!" s'indignò il principe. "Il re fa regnare la pace e la prosperità nel paese, con piogge propizie e venti favorevoli. E secondo te non sarebbe mio padre. Non approfittare della mia giovinezza; se mio padre sentisse i tuoi sarcasmi, ti farebbe tagliare a pezzi."
Gridò a Scimmiotto di non farsi più vedere. Questi si rivolse a Tripitaka: "Lo temevo, che non mi avrebbe creduto. Ora prendete l'ultimo tesoro e mostratelo. Poi presenteremo i nostri passaporti e ripartiremo per il Paradiso dell'Ovest."
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