Tripitaka presentò al principe lo scettro di giada bianca e restituì il cofanetto rosso a Scimmiotto, che con una scossa lo fece scomparire e ricuperò il proprio pelo.
"Ah, maledetto bonzo!" esclamò quello. "Sei tu il taoista che ci rubò il tesoro di famiglia. Ora ti sei trasformato in monaco per restituircelo." E gridò a gran voce: "Catturatelo!"
Il reverendo restò atterrito: "Equipuzio della malora! Sei capace soltanto di mettermi nei pasticci."
Scimmiotto si fece avanti: "Non gridate, non mettete il campo a rumore prima di rendervi conto dei fatti. Il mio vero nome non è fabbrica re."
"Vieni qui" disse il principe corrucciato, "e dimmelo, questo vero nome, con cui comparirai davanti alla corte di giustizia."
"Sono il primo discepolo del reverendo, e mi chiamo Scimmiotto Consapevole del Vuoto. Abbiamo sostato in questo monastero nel nostro viaggio verso l'Occidente. La notte scorsa, a mezzanotte, mentre recitava sutra, il mio maestro si è addormentato e ha sognato vostro padre, che gli ha narrato di essere stato ingannato da un prete della Verità Completamente Sublimata e di essere stato affogato nel pozzo ottagonale del parco reale. Il taoista prese il suo aspetto e nessuno a corte si accorse di nulla; voi stesso eravate troppo giovane per capire. L'usurpatore tiene vostra madre segregata nel palazzo, vi vieta di incontrarla e ha fatto chiudere il parco: in questo modo vuole nascondere le tracce del suo misfatto. Io stesso non ho creduto senz'altro al racconto: avrebbe potuto essere un inganno. Ma osservando dall'alto la vostra città, vi ho scorto i segni di una presenza diabolica. Proprio allora voi siete uscito a caccia, e io mi sono trasformato nella lepre che avete colpito con una freccia e che vi ha guidato qui. Questa è la pura verità. Se riconoscete lo scettro di giada bianca, non potete ignorare il vostro obbligo di riconoscenza verso vostro padre, né lasciarlo invendicato."
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