"Va bene, fa come vuoi."
Scimmiotto andò dritto al letto di Porcellino e lo chiamò per nome. Ma il bestione, anche nei giorni di sosta, aveva sempre il sonno del viaggiatore stanco. Non appena la testa toccava il cuscino, incominciava a russare e non era facile svegliarlo. Scimmiotto gli pizzicò le guance, lo tirò per i capelli, lo sollevò gridandogli nelle orecchie: "Porcellino!" Infine la sua vittima ebbe un soprassalto e bofonchiò: "Dormiamo, non è il momento di scherzare. Domani dovremo camminare."
"Non scherzo, abbiamo un affare importante da regolare. Devi venire con me."
"Che roba è?"
"Sai, quel principe ereditario?"
"Mai visto né conosciuto."
"Il principe mi ha detto che il mostro ha un tesoro con cui può vincere diecimila guerrieri. Domani andremo a corte e non potremo evitare di batterci con lui; se dispone del suo tesoro, noi perdiamo: e sai che bella figura ci facciamo! Bisogna pensarci prima, bisogna fregargli il tesoro. Non sei d'accordo?"
"Fratellino, tu tiri a fregare me, come al solito; adesso mi vuoi arruolare come ladro. Non è che non ci sappia fare: potrei dire che è il mestiere che conosco meglio. Ma diciamocelo chiaro: una volta fatto il colpo e sconfitto il mostro, non voglio storie nella spartizione del malloppo. Il tesoro me lo tengo tutto io."
"Che cosa vuoi fartene?"
"Io non sono un furbastro come te, non ho la tua parlantina, e non sono bravo a elemosinare. Io sono un po' balordo, parlo male e non so recitare i sutra. Quando attraversiamo i posti selvaggi, avrò pur bisogno di moneta di scambio per comperarmi di che mangiare, non ti sembra?"
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