I monaci portarono anche la tinozza per lavare il re e gli indumenti per vestirlo. La veste color ocra fu provvisoriamente sostituita da una tunica diritta prestata dal superiore del monastero; la cintura di giada di Lantian da una semplice fascia di seta gialla; gli stivali da un paio di vecchi sandali monastici. Quando ebbero consumato la colazione, si sellò il cavallo.
"Porcellino" chiese Scimmiotto, "quanto pesano i tuoi sacchi?"
"Pesano tanto, fratello, ma non ti so dire con precisione."
"Bene, dividi il carico in due e danne una parte da portare al re, mentre andiamo in città a regolare questa faccenda."
"Che fortuna!" esclamò soddisfatto Porcellino. "Questo re mi ha pesato addosso ben bene, quando l'ho dovuto portare. Ma almeno adesso mi dà una mano."
E, da quel furbacchione che era, lasciò al re i bagagli più pesanti.
"Maestà" disse ridendo Scimmiotto, "spero che non vi mortifichi andare in giro in questo modo, portando valigie."
"Maestro" rispose il re inginocchiandosi, "mi avete reso la vita, per me voi siete padre e madre. Se me lo chiedete, sono pronto a seguire il reverendo fino al Paradiso dell'Ovest come bestia da soma."
"Tutto ciò che ho da chiedervi è di portare questa roba per i quaranta li che ci separano dalla città. Come potrete immaginare, lo scopo non è certo di imporvi prestazioni. Il fatto è che, per riprendere l'esercizio delle vostre funzioni reali, dovrete aspettare che il mostro sia catturato; allora noi vi saluteremo e riprenderemo il nostro viaggio."
Porcellino si lagnò: "Come dire che lui farà il facchino solo per quaranta li, e io per tutta la vita?"
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