Porcellino brandì il rastrello e Sabbioso roteò il suo bastone. Tutti circondarono Tripitaka.
Si trattava davvero di una creatura malefica, che da vari anni aveva sentito parlare del viaggio in Occidente di questo monaco cinese, reincarnazione di Cicala d'Oro, sant'uomo coltivatosi amorevolmente attraverso dieci successive incarnazioni. "Se potessi mangiare le sue carni, vivrei quanto il cielo e la terra" si diceva la creatura. Ogni mattina ispezionava la montagna per vedere se fosse arrivato il gran giorno. Perciò ora guardava dall'alto con grande soddisfazione e con ammirazione sconfinata quel monaco circondato dai suoi discepoli. "Che monaco bello e buono! Il sant'uomo della corte dei Tang è evidentemente quel bonzo soffice e rotondetto, con la pelle così fine e bianca. Chissà perché si terrà vicini quei materialoni con le maniche rimboccate, che tendono i pugni e agitano le armi come se volessero picchiare? Se qualcuno di loro fosse tanto perspicace da riconoscermi, non sarebbe facile giungere ad assaggiare la ciccia del buon monaco."
La creatura rifletté a lungo, soppesando il pro e il contro delle varie possibilità: "Se pretendo di catturarlo con la forza, rischio di non riuscire nemmeno a toccarlo. È più sicuro se me lo faccio amico con la seduzione del bene. Una volta che l'abbia disposto amichevolmente nei miei confronti, non sarà difficile trovare l'occasione adatta per farlo cadere nelle mie mani. Andiamo giù a preparare qualche trucco."
Che brava creatura malefica! Disperse la nube di fuoco, scese dal cielo sul fianco della montagna e si trasformò in un bambino di sette anni, nudo come un bruco, con le mani e i piedi legati da una grossa corda che gli arrossava la pelle. Era appeso a un ramo di pino e gridava: "Aiuto! Aiuto!"
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