Fece loro segno con la mano: "Alzatevi e non temete. Non sono venuto a sorvegliarvi, ma soltanto a cercare un parente."
I monaci fecero cerchio intorno a lui, allungando il collo e cercando di attirare l'attenzione con colpetti di tosse: ciascuno si chiedeva chi mai potesse essere il parente ricercato, e sperava di essere inopinatamente riconosciuto. Il Novizio li guardò bene e scoppiò a ridere.
"Perché ridete, signore, se il vostro parente non lo avete trovato?" gli chiesero i monaci.
"Mi fa ridere la banda di inetti che mi vedo davanti. I vostri parenti devono essersi sbarazzati di voi perché eravate nati sotto una cattiva stella, o perché portavate sfortuna, o eravate d'ostacolo alla nascita di qualche fratello un po' migliore. Dovreste rispettare i tre gioielli e la legge del Buddha, leggere sutra e recitare litanie; come mai vi fate invece comandare come schiavi e lavorate per quei taoisti?"
"Siete venuto per umiliarci, signore? Certo venite di lontano e ignorate in quale terribile situazione ci troviamo."
"È vero, vengo di lontano e non so che cosa ci sia di terribile da queste parti."
"Il re del nostro paese" spiegarono i monaci versando lacrime, "è tanto parziale quanto inumano; si compiace soltanto delle persone come vostra signoria, e detesta noialtri figli del Buddha."
"Perché mai?"
"Solo per una faccenda di invocazione della pioggia durante una siccità: vennero qui tre immortali che ci rovinarono la piazza e ci fecero perdere la fiducia del principe. I nostri monasteri furono abbattuti, le nostre ordinazioni revocate, non ci fu permesso né di ritornare ai nostri paesi d'origine né di trovare qualche impiego subalterno nell'amministrazione: fummo invece consegnati a discrezione ai taoisti. La nostra miseria è intollerabile. L'ultimo vagabondo taoista che passa di qui non ha che da chiederlo, e viene ricevuto e gratificato dal re. Se invece arriva un bonzo, chiunque sia, viene preso e condannato ai lavori forzati a discrezione dei superiori taoisti."
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