"Come mai non riuscite a morire?"
"Se ci impicchiamo alla trave, si rompe la corda; il coltello perde il suo taglio; ti getti nel fiume, e galleggi sulla corrente invece di affogare; il veleno non riesce a darti nemmeno il mal di pancia."
"Ma è una fortuna! Il Cielo vi ha accordato la vita perpetua."
"Diciamo: il castigo perpetuo. Viviamo di acqua bollita e riso grezzo. La notte dormiamo al riparo della collina, esposti alla rugiada. Gli dèi ci vengono a proteggere solo quando chiudiamo gli occhi."
"Sarete così morti di fatica che vedrete i fantasmi, immagino."
"Non sono fantasmi; sono le sei divinità della notte e i difensori della dottrina. Quando scende il buio ci vengono a proteggere; se uno di noi vuol morire, lo impediscono."
"Non sono ragionevoli, questi dèi: non sarebbe il caso che vi incoraggiassero a morire in fretta, per permettervi di rinascere? Che vi giova la loro protezione?"
"Ci incoraggiano in sogno. Dicono: Non cercate la morte, resistete! Verrà il santo monaco dei grandi Tang nelle terre dell'Est, un arhat che va in cerca delle scritture nel Paradiso dell'Ovest. Ha un discepolo ai suoi ordini, il Grande Santo Uguale al Cielo, che dispone di immensi poteri. Il suo cuore è buono e leale, ripara i torti e le ingiustizie fra gli uomini, soccorre chi è in pericolo o in difficoltà, aiuta le vedove e gli orfani. Aspettate che venga a manifestare il suo divino potere: schiaccerà i daoshi e ristabilirà il rispetto per la vostra comunità e per la sua dottrina."
Scimmiotto naturalmente se la godeva e diceva fra sé:
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