Scimmiotto gli portò i suoi protetti, che vennero a salutare il monaco cinese e gli raccontarono tutta la storia. Tripitaka si allarmò: "Ma allora noi corriamo seri pericoli."
"Rassicuratevi" dissero i monaci. "Il grande santo è un dio caduto dal cielo. Con i suoi immensi poteri, non corriamo più nessun pericolo. Noi apparteniamo al monastero urbano Profondità della Saggezza. Poiché è stato costruito dal fondatore della dinastia regnante e custodisce ancora la statua del defunto re, è stato risparmiato dalla distruzione, che invece ha colpito ogni altro istituto buddista nel regno, grande o piccolo che fosse. Vi preghiamo di venire a riposare nella nostra umile residenza. Il grande santo potrà poi prendere le disposizioni necessarie domattina di buon'ora."
"Mi sembra un buon programma" rispose Scimmiotto. "Entriamo dunque in città."
Il reverendo smontò dal cavallo e si avviarono verso la città. Il sole era già al tramonto. Attraversarono il ponte levatoio e tre porte, prima di giungere nelle strade: vedendo monaci buddisti, la gente si scansava e si voltava dall'altra parte. Raggiunsero in breve l'ingresso del monastero, sul quale un largo pannello recava l'iscrizione in caratteri d'oro:
MONASTERO DELLE PROFONDITÀ DELLA SAGGEZZA, FONDATO PER DECRETO
I monaci spinsero l'uscio, attraversarono la sala dei Portatori di Folgore e aprirono l'edificio principale. Prima di entrare Tripitaka indossò il suo kasâya e pregò il Buddha dal corpo dorato.
"Ehi là, guardiano!" chiamarono i monaci. Comparve un vecchio bonzo, e quando vide il Novizio lo salutò dicendo: "Eccovi qua, vostra signoria."
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