Presto giunse il terzo quarto della quinta veglia, l'ora dell'udienza mattutina, quando il re riunisce i quattrocento mandarini civili e militari. Dappertutto
Brillavano le luci in lanterne di garza,
Salivano profumi da preziosi tripodi.
Tripitaka si svegliò e chiamò i suoi discepoli: "Devo presentare a corte il mio passaporto."
I tre balzarono dal letto, si vestirono e si misero a disposizione del maestro: "Badate che questo monarca obnubilato favorisce il Tao e perseguita i monaci buddisti. Possono nascere difficoltà. Sarà bene che vi accompagniamo per prendere al bisogno le vostre difese."
Il monaco cinese, soddisfatto della loro proposta, indossò il suo kasâya di broccato, affidò i documenti a Scimmiotto, la ciotola delle elemosine a Sabbioso e il bastone da pellegrino a Porcellino; bagagli e cavallo restarono affidati alle cure dei religiosi del monastero. Si recarono alla torre delle Cinque Fenici, presentarono i loro rispetti al ciambellano di guardia alla Porta Gialla e diedero nomi, provenienza e motivo della visita. L'ufficiale entrò nella sala d'udienza, si prosternò davanti ai gradini d'oro e fece sapere: "Ci sono fuori quattro bonzi, che si dicono in cerca delle scritture del Paradiso dell'Ovest per conto dei grandi Tang delle terre dell'Est. Vorrebbero presentare il passaporto e attendono la vostra decisione sotto la torre delle Cinque Fenici."
"Se sono bonzi, li ha portati qui la loro sfortuna" tuonò il re. "Perché i nostri ufficiali non li hanno arrestati e imprigionati?"
|