L'eminente immortale arrivò con passo deciso, salì la scalinata e giunse sulla terrazza. Un giovane accolito gli tese fogli di carta gialla con formule di incantesimi e una spada sacra, che l'immortale levò in alto mentre recitava le formule. Bruciò un foglio alla fiamma della candela, e in basso due o tre preti, a loro volta, diedero fuoco a un'immagine di messaggero e a un documento. Tac! Si udì il primo colpo battuto sulla tavoletta e incominciò a levarsi la brezza.
"Porca miseria" borbottò Porcellino. "Sono professionisti: il vento soffia sul serio."
"Sta zitto, fratellino" bisbigliò Scimmiotto, "e occupati della sicurezza del maestro; io ho da fare."
Quel grande santo! Si strappò un pelo e lo trasformò in un falso Scimmiotto, per restare in apparenza accanto al monaco cinese. Ma intanto si slanciò nello spazio e si mise a gridare: "Ehi, chi si occupa del vento qui?"
La madre del vento, tutta spaventata, lo venne a salutare stringendosi sulla pancia il suo otre, accompagnata dal figlio che tirava i cordoni dell'imboccatura.
"Sto proteggendo il monaco cinese" spiegò Scimmiotto, "e ho dovuto mettermi in competizione con certi taoisti che fanno piovere. Bell'aiuto che mi dài! A quanto pare stai dalla loro parte. Ti perdóno, ma solo a patto che metta via tutti i tuoi spifferi. Lascia che senta ancora un alito da far tremare un solo pelo della barba di quei taoisti, e ti do venti randellate delle mie."
"Mi guarderò bene! Mi guarderò bene!" diceva la vecchia.
Perciò il vento smise di soffiare.
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