"Giusto; userò il mio randello."
"Signore!" esclamò allarmatissimo il duca del tuono. "Quel randello è molto pericoloso!"
"Ma no, che cosa avete capito? Non ve lo batterò in testa, il randello, ma lo punterò verso l'alto. La prima volta per chiedere vento."
"D'accordo" risposero la madre del vento e il figliolo. "Avrete tutto il vento che vorrete."
"La seconda volta mi servirà che si stendano le nubi."
"E noi le stenderemo" dissero Pussanubi e Spandinebbia.
"La terza volta si devono vedere i fulmini e sentire i tuoni."
"Ma certo, si capisce" confermarono il duca del tuono e la madre del fulmine.
"La quarta volta, acqua in quantità."
"Agli ordini" assicurarono i draghi.
"E quando punterò il randello per la quinta volta voglio un bel cielo pulito con il sole che brilla come nuovo. Attenzione, niente sbagli!"
Date le sue istruzioni, Scimmiotto ritornò giù, riprese il posto e ricuperò il suo pelo. Nessuno si era reso conto della sostituzione. Si fece dunque avanti e dichiarò con voce chiara e forte: "Avete battuto quattro volte la vostra tavoletta; battere la quinta volta per far cessare una pioggia che non è mai caduta, sarebbe proprio superfluo. Prego, maestro: ora tocca a noi."
Il daoshi non poteva fare altro che scendere dall'altare, e si incamminò verso la torre del re con la faccia contratta dalla rabbia.
"Aspettate" disse Scimmiotto. "Lo seguo per sentire che cosa dice."
Il re diceva: "Siamo stati attenti: i quattro colpi sulla tavoletta li abbiamo sentiti benissimo. Come mai non è successo nulla?"
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