È un diluvio di giare rovesciate, un ribollire di catinelle gettate.
Nei villaggi fuori mano, l'acqua sale dentro le case; i fiumi sfiorano i ponti.
I flutti invadono la terraferma, i campi si trasformano in immensi stagni da cui sbucano le cime dei gelsi.
Si direbbe che i draghi diano manforte rovesciando giù tutto il gran fiume Yangzi.
La pioggia cadde a torrenti fino a mezzogiorno; borghi e sobborghi della città ne furono inondati e sommersi.
Il re fece conoscere la sua volontà: "Ora basta, o saranno più i danni dei vantaggi."
L'ufficiale di fazione ai piedi della torre spronò il cavallo sfidando la pioggia e venne ad annunciare: "Santo monaco, la pioggia può bastare."
Allora Scimmiotto levò per la quinta volta la sua sbarra: tuoni e vento cessarono, smise di piovere e in attimo scomparve ogni nube.
Il re era tutto contento; gli ufficiali civili e militari dicevano: "Che bravo bonzo! Bisogna pur dirlo: trovi sempre chi è più forte. Fra l'altro, quando erano i nostri Maestri di Stato a fare la pioggia, restava sempre uno strascico di pioggerelle per una buona mezza giornata. Ma questi monaci, che professionalità! Vai con la pioggia! acqua a catinelle. Vai col bel tempo! cielo azzurro per mille li."
Il re si fece riportare nella sala d'udienza per vidimare subito il passaporto e autorizzare la partenza del monaco cinese. Aveva appunto il timbro in mano, quando i tre taoisti si fecero avanti a sollevare difficoltà: "Maestà, quella non era pioggia buddista; è tutta da ascrivere a credito del nostro Tao."
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