Evocare draghi non rientrava nel mestiere del prete taoista; e, se anche fosse stato, i quattro Ao non avrebbero certo osato comparire davanti al grande santo senza sua richiesta.
"Va oltre i nostri poteri" ammise il daoshi. "Fate voi."
Il grande santo si rivolse al cielo e con voce forte chiamò: "Dove sei, Aoguang? Vieni un po' a farti vedere con i tuoi fratelli!"
I re draghi subito ubbidirono: ed ecco alti nel cielo quattro imponenti draghi, che avvolgevano le loro spire fra le nuvole in un impressionante balletto aereo, e si dirigevano verso la Sala delle Campanelle d'Oro.
Con figure sempre nuove e mutevoli si slanciano, si attorcono, si srotolano maestosi fra brume e nubi. Scintillano i loro candidi artigli di giada, giocano coi riflessi come mutevoli specchi le loro argentee scaglie. I lunghi mustacchi esprimono vigore, le corna si drizzano fieramente. I grandi occhi tondi brillano sotto la fronte altera. Appaiono e scompaiono a loro piacimento. Se volete pioggia, ve la portano; se bel tempo, la pioggia subito cessa. La santa e vera immagine del drago circonda il palazzo di un'aura di buon augurio.
Mentre il re bruciava incenso, i suoi ministri si prosternarono.
"Vi ringrazio di esservi presi il disturbo di farvi vedere" dichiarò il re. "Rientrate pure a casa vostra, prego; uno dei prossimi giorni faremo una cerimonia di ringraziamento."
"Care divinità, potete andarvene. Il re, qui, dice che vi testimonierà la sua riconoscenza un'altra volta" confermò Scimmiotto.
I re draghi se ne tornarono nei loro mari, mentre gli altri dèi rincasavano in Cielo.
|