"Portateli sul palco delle esecuzioni" si affrettò a ordinare il re inorridito. Le guardie afferrarono Scimmiotto, che si divincolò: "Giù le mani, ci vado con le mie gambe. Pongo una condizione: non dovete legarmi le mani, perché mi servono per lavarmi e spazzolarmi le trippe."
"Lasciategli libere le mani" ordinò il monarca.
Il Novizio marciò fieramente fino al palco, si appoggiò al palo e si denudò il ventre. Il carnefice lo legò alla vita e alle gambe e, con un coltello dalla lama a orecchio di vitello, gli praticò una larga incisione. Scimmiotto ne cavò i visceri con le sue mani, li esaminò accuratamente, una sezione dopo l'altra, e li rimise a posto. Poi si curvò in avanti, prese i lembi del taglio, vi soffiò sopra il suo fiato magico e gridò: "Cresci!" Subito l'addome riprese il suo normale aspetto.
Il re stupefatto gli tese di nuovo il passaporto e balbettò: "Santo monaco, si fa tardi; non manca altro, partite subito!"
"Non c'è nessuna fretta. Voglio prima vedere il secondo maestro di stato che affronta la stessa operazione."
"Colpa vostra, io non ci posso far niente" disse il re al taoista. "La sfida l'avete fatta voi e adesso è il vostro turno."
"State tranquillo" rispose Potenza del Cervo; "io non perdo di sicuro."
Ed ecco che sale anche lui fieramente sul palco, il carnefice lo lega e gli apre il ventre con un colpo della stessa lama. Anche l'eminente immortale prende in mano le proprie viscere e le esamina.
Intanto Scimmiotto si strappa un pelo e lo trasforma in un avvoltoio, che apre le ali, tende gli artigli e, rapido come il vento, si porta via chissà dove i cinque organi, cuore e fegato, per mangiarseli in santa pace. Ed ecco il povero taoista ridotto allo stato di un fantasma eviscerato, di un'anima in pena sbudellata. Il carnefice va a esaminare il cadavere e trova un cervo bianco dalle lunghe corna.
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