"Avete ragione" riconobbe Scimmiotto. "Andate maestro, che noi vi aspettiamo qui."
Il reverendo si tolse il cappello da pioggia, si rassettò l'abito e, impugnando il suo bastone da pellegrino, raggiunse l'ingresso. La porta era socchiusa, ma non osò entrare. Dopo un po' venne a chiudere la porta un vecchio con un rosario al collo, che ripeteva il nome del Buddha Amitâbha. Tripitaka giunse le mani e gli disse: "Nobile donatore, il povero monaco che sono vi saluta."
Il vecchio gli rese il saluto e disse: "Arrivate troppo tardi, buon monaco."
"Che cosa intendete dire?"
"A quest'ora non resta più nulla. Se foste venuto prima, oltre al pranzo, avreste ricevuto tre litri di riso, un rotolo di tela bianca e dieci sapeche. Peccato che arriviate solo a quest'ora."
"Nobile donatore, non cercavo elemosine" replicò Tripitaka inchinandosi.
"E allora che cosa venite a fare?"
"Sono un inviato imperiale dei grandi Tang delle terre dell'Est in cerca delle scritture nel Paradiso dell'Ovest. Siamo arrivati qui mentre cadeva la sera, e il suono di tamburi e di cembali ci ha attirato verso la vostra casa, con l'intenzione di chiedervi riparo per la notte. Ripartiremo domani all'alba."
"Monaco, chi ha lasciato la sua famiglia non deve raccontar frottole" gridò il vecchio facendo un gesto di diniego. "Da qui al paese dei grandi Tang ci sono cinquantaquattromila li di strada. È impossibile che siate arrivato tutto solo fin qui."
"Avete ragione, nobile donatore: io dispongo di tre giovani discepoli che mi hanno aperto il cammino attraverso le montagne e gettato ponti sulle acque. Ho potuto arrivare fin qui grazie alla loro protezione."
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