"Dovete proprio essere un gran mangiatore."
"Beh, vedrete."
"Il personale non manca." Riunendo grandi e piccoli, il vecchio raccolse trenta o quaranta servitori.
La conversazione finì per rassicurare tutti. Si misero a tavola e fecero sedere il monaco cinese al posto d'onore; poi si assegnò il posto ai discepoli, e i due vecchi si sedettero di fronte agli ospiti. Furono serviti frutta e verdure, poi pasta, riso, contorni e zuppa di vermicelli, secondo le regole. Prima di impugnare i bastoncini, Tripitaka recitò il sutra della benedizione della mensa. Naturalmente quel bestione di Porcellino, ghiotto e affamato com'era, ingannò l'attesa riempiendo di riso una ciotola di legno laccata di rosso e rovesciandosela in gola.
"Attento, signore" disse il ragazzo che lo serviva. "Il riso serve per imbottire il pane; se ve lo rovesciate nelle maniche, vi sporcate il vestito."
"Non l'ho messo nelle maniche, l'ho messo al sicuro nello stomaco" rispose ridendo Porcellino.
"Come può essere andato nello stomaco senza passare dalla bocca?"
"C'è passato, ragazzo mio. Se non ci credi, ti faccio vedere come si fa."
Il ragazzo riempì la ciotola fino all'orlo e Porcellino, con una rapida mossa, se la vuotò in gola. I servitori spalancavano gli occhi e commentavano: "Signore, la vostra gola è grande come la ruota del mulino."
Prima che finisse la recitazione del sutra, ingoiò così cinque o sei ciotole; alla fine, però, impugnò i bastoncini per mangiare con gli altri. Gli andava tutto bene, senza badare se fosse frutta o contorno, purché fosse accompagnato da riso in abbondanza. A un certo punto il riso finì. Scimmiotto diceva: "Mangia meno, saggio condiscepolo! Forse alla fine non ti sazierai completamente, ma pensa che avresti potuto digiunare sotto la luna."
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